La difficile preparazione dei grandi eventi: a due anni dalle olimpiadi di Milano-Cortina 2026.
Il 2026 si avvicina e il tema delle grandi opere in corso per le Olimpiadi Milano – Cortina è di notevole attualità.
L’avvocato Guido Barzazi è intervenuto sul Il Corriere del Veneto, evidenziando che i ritardi e le difficoltà nella preparazione delle infrastrutture pongono interrogativi sul modello organizzativo e sulla gestione delle criticità:
A due anni dalle Olimpiadi Milano-Cortina, le difficoltà evidenziate nella preparazione delle infrastrutture manifestano una particolare rilevanza. La situazione non è nuova: anche i giochi di Torino 2006 videro ritardi significativi nella realizzazione delle opere. Si tratta di una condizione da evitare perché, oltre a mettere a rischio la migliore riuscita dell’evento, innesca un circolo vizioso: ci si concentra “solo” sull’evento, trascurando la programmazione e la gestione dell’eredità olimpica.
Ma ritardi e difficoltà trovano origine nell’inadeguatezza del modello organizzativo, così come sembrerebbe ritenere il Governo che ha recentemente ritoccato la disciplina del soggetto attuatore degli interventi, oppure derivano dal contesto in cui il modello viene applicato? Sul piano normativo, il modello di governance delineato dalla disciplina speciale per le Olimpiadi, sostanzialmente imposto dal CIO ed efficace nella complessa operazione di composizione dei molteplici interessi coinvolti, è in linea di massima analogo a quello di Torino 2006 e dei Mondiali di sci del 2021: un organo di indirizzo generale; un comitato organizzatore in forma di fondazione di diritto privato che ha la responsabilità generale dell’evento e garantisce il rispetto dell’host city contract stipulato con il CIO; un soggetto attuatore degli interventi infrastrutturali.
Un modello collaudato che, per garantire il rispetto dei tempi prescritti, riconosce anche ampi poteri derogatori alla disciplina vigente, ma che, all’atto pratico, continua a rivelare alcune criticità di funzionamento.Una prima si pone sul piano politico-amministrativo: i poteri in deroga dei soggetti attuatori sono usati per lo più solo per la riduzione dei tempi procedimentali, ma raramente per sostituire le autonomie locali o regionali dissenzienti o inerti, per evitare di incidere sulle competenze di queste. Questa realtà operativa, quindi, fa escludere che poteri derogatori più ampi sarebbero in grado di determinare un recupero di efficienza.
Sempre sotto questo profilo, poi, sembra diffusa una sorta di sopravvalutazione dei poteri del soggetto attuatore dell’evento, quasi questo fosse autosufficiente e indipendente dalle strutture amministrative degli altri enti titolari delle competenze ordinarie. Nella realtà le competenze tecniche e amministrative “straordinarie” del soggetto attuatore devono fare riferimento a strutture amministrative spesso in difficoltà perché costrette a gestire, oltre alla loro ordinaria attività, l’ulteriore carico determinato dall’evento olimpico, particolarmente gravoso per la stretta tempistica della realizzazione delle opere.
Un altro elemento condizionante è il contesto socio-politico: nonostante la rigidità dell’Agenda in tema di sostenibilità ed eredità olimpica (la cosiddetta legacy), una significativa parte dell’opinione pubblica attribuisce a priori a questi eventi lo spreco di risorse pubbliche e pesanti effetti negativi sul piano ambientale, malgrado il rigore della normativa in materia. Inoltre, non è adeguatamente diffusa la consapevolezza della rilevanza di questi eventi come volano per la creazione e il potenziamento di infrastrutture pubbliche e per l’attrattività dei territori interessati dalla visibilità globale che, per Milano-Cortina 2026, sono stati oggetto di specifiche analisi delle Università Bocconi, La Sapienza e Cà Foscari.
Infine, il tema della prevedibilità dei costi: nella realizzazione dei grandi eventi si osserva una tendenziale sottostima iniziale (il dossier di candidatura delle Olimpiadi di Torino 2006 prevedeva una spesa di 1,2 miliardi di euro, poi divenuti 3,3 miliardi). Di conseguenza, quando intervengono fattori eccezionali e imprevedibili (come la pandemia o l’attuale situazione geopolitica) la difficoltà di governare gli incrementi dei costi mette a rischio la stessa realizzazione delle opere già programmate.
Quanto emerge, dunque, è che la realizzazione dei grandi eventi deve contare su almeno due precondizioni, indispensabili per il buon funzionamento della complessa macchina organizzativa: da un lato il supporto di una struttura amministrativa dei vari livelli di governo adeguatamente attrezzata in vista dell’evento, dall’altro lato, una diffusa consapevolezza della sua importanza e della sua utilità generale.